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Parlare di emozioni non è mai troppo presto

L’intelligenza emotiva è quella capacità di riconoscere, comprendere e gestire le proprie emozioni e quelle degli altri.

Perché è importante? Recenti studi dimostrano che i bambini più sicuri di sé, con migliori risultati scolastici e migliori legami sociali, più equilibrati e sereni sono i bimbi con maggiori capacità nella gestione delle emozioni.

La notizia positiva è che, non essendo una caratteristica innata, è qualcosa che si può allenare.

Come sempre, i genitori fungono da perfetti allenatori di questa competenza.

 

Esistono in commercio alcuni libri, più o meno belli, che parlano di emozioni. Essi sono un valido aiuto, ma spesso si possono introdurre dopo i due anni perché veicolano un messaggio molto astratto, difficile da comprendere.

Per questo motivo possiamo sfruttare il canale del gioco per parlare di emozioni, già da quando i nostri bimbi hanno circa 16 mesi; l’uso dei libri fungerà da chiusura di un lavoro molto più concreto e quotidiano che avremo fatto.

 

Istruzioni per allenare tutta la famiglia alle emozioni:

  • Parlare frequentemente delle proprie emozioni. I bambini imparano benissimo una parola “sconveniente” appena viene pronunciata per errore da un adulto, iniziando a ripeterla prima a caso e poi a contestualizzarla. Ebbene, è sempre una buona occasione per dire come ci sentiamo! Inizieranno a dire “felice” “arrabbiato” prima un po’ a caso perché lo sentono dire da noi, ma piano piano riusciranno ad integrare il significato della parola “felice” perché vedranno che sul vostro viso compare sempre un bel sorriso e il tono della voce è sempre arzillo e spensierato. Quando avete litigato con qualcuno dite ad alta voce “sono arrabbiato, perché ….” oppure dopo una bella giornata passata in famiglia dite come vi sentite al vostro bambino “oggi mi sono divertita molto, come sono felice”. Studi scientifici hanno dimostrato che dare un nome all’emozione ha effetti positivi sul sistema nervoso.
  • Giocare parlando di emozioni, enfatizzandole. Dobbiamo esercitare un po’ le nostre doti teatrali, per mostrare l’emozione che stiamo provando, attraverso il gioco. Ad esempio potete chiedere al bimbo mentre sta mangiando del pane di darvene un pezzetto, puntualmente sarà riluttante nel farlo e a quel punto potrete dimostrarvi molto tristi e fingere di piangere, dicendo frasi come “sono triste perché vorrei tanto un pezzetto di pane”. Sarà bellissimo vedere comparire sul viso di vostro figlio un’espressione corrucciata, quasi ad imitare la vostra proprio perché i suoi neuroni specchio (sono cellule nel cervello che si attivano quando la persona vede l’azione e quando compie la medesima azione, sono quindi alla base della comprensione e apprendimento mediante imitazione) si attiveranno e gli permetteranno di capire e “provare” la vostra stessa emozione; questo farà si che il bambino tenderà quindi ad assecondare la vostra richiesta. Non è un meccanismo immediato, richiede impegno e gioco ma vedrete che piano piano accadrà! Le emozioni risuonano nell’altra persona, quando le vede e le prova; solo quando il bambino le può osservare disegnate sulla faccia di mamma e papà e loro gli daranno un nome, potrà veramente apprenderle.
  • Smettere di considerare le emozioni divise in positive, da sostenere, e negative, da evitare. Tutte le emozioni esistono e hanno la stessa dignità. Pensate che grave rischio correremmo se non esistesse la paura: non avremmo più quella forza che ci fa agire scappando ad un evento pericoloso! Parliamo sempre di tutte le emozioni!
  • Smettere di ignorare le emozioni come tristezza o rabbia, pensando che passeranno da sole e che sono sconvenienti. I bambini per imparare a gestire la rabbia devono prima sapere cos’è. Molti bambini agiscono la rabbia perché non sanno riconoscerla, non sanno nemmeno darle un nome ma la vivono e hanno bisogno di esprimerla. Come esprimiamo noi le cose? Parlando o agendo. Anche i bambini fanno così: se non sapranno esprimere la rabbia con le parole lo faranno con quello che conoscono, ovvero il canale motorio, e quindi tenderanno a dirigerla verso gli altri, con più frequenza, o verso se stessi.
  • Vedere il momento di crisi dei figli come un momento importante per insegnargli questa competenza. Anche se ci sembrerà una reazione spropositata quella che nostro figlio sta manifestando essa sarà l’occasione per abbassarsi vicino a lui, parlare in modo delicato e chiedergli come si sente. Non fornire risposte, ma riconoscere semplicemente come si sta. Vedrete che se l’emozione è condivisa, la sua intensità tenderà a calare e il bimbo si calmerà più facilmente.

Perché seguire queste istruzioni? Tutti questi accorgimenti da fare quando il bimbo è ancora molto piccolo ci aiuteranno tantissimo nella gestione del famoso periodo dei “terribili 2”. Non significa che i bambini in questo modo non faranno capricci, ma riusciranno a dire come si sentiranno trovando delle strategie per comunicarlo ed evitare di agirlo (su di voi o su gli altri!) calmandosi più facilmente!

Vi assicuriamo che appena i bambini avranno le competenze verbali per esprimere come si sentono lo faranno, se voi li avrete allenati a parlare di emozioni!